Transmedialità e crossmedialità: la nuova frontiera della comunicazione

Ormai l’essere multitasking non è più una caratteristica riservata a determinati ambiti lavorativi: più nascono nuovi media, più i brand e le aziende devono espandere i loro canali di comunicazione. “È da diventare matti!” Potrebbe dire qualcuno, senza avere troppo torto, ma con nuove comparse, oltre a complicazioni, compaiono anche opportunità. Bisogna capire però come sfruttarle, queste occasioni. 

È qui che termini come transmedialità e crossmedialità ci vengono in soccorso. Vediamo che cosa significano e come possono essere utilizzate. 

Crossmedialità: un messaggio, più canali.

Per crossmedialità, si intende che una storia si estende su più canali di comunicazione. Il contenuto è sempre lo stesso ma viene adattato al canale in cui viene inserito. Un ottimo esempio sono le trasposizioni cinematografiche di romanzi. Potrebbe anche trattarsi della pubblicizzazione di un evento che dalla radio, passa ad essere trasmesso anche in televisione, e che quindi deve si deve adattare al cambio del medium ma non del messaggio. 

Questo non rende la crossmedialità di un contenuto meno rilevante, anzi ha dei vantaggi enormi in termini divulgativi. Se si parla di un romanzo, con la trasposizione cinematografica potrebbe raggiungere quella parte di pubblico che di solito non legge romanzi, mentre un annuncio in radio potrebbe non raggiungere così tante persone come potrebbe fare se fosse trasmesso anche in televisione. 

Transmedialità: un mondo che si espande.

Una narrazione transmediale, invece, punta a generare coinvolgimento e immersione nel fruitore. Si tratta di un universo narrativo raccontato su vari media, nel quale la storia si espande e si sviluppa su più canali. 

Nel suo libro Convergence Culture (2006), Henry Jenkins definisce il transmedia storytelling come “un processo in cui elementi integrali di una storia si diramano sistematicamente attraverso molteplici canali con l’obiettivo di creare un’esperienza di intrattenimento omogenea e coordinata”.  In pratica, si tratta di sviscerare e sviluppare la storia di partenza su più piattaforme. Tali piattaforme sono indipendenti fra loro, ma forniscono all’utente un’esperienza ludica a 360° gradi.

Sebbene questa strategia potrebbe sembrare adatta a raccontare solo storie di supereroi e serie tv la cui trama si espande in continuazione, permettendo un intreccio di storie ampio su media diversi, in realtà anche brand che non si occupano esclusivamente di intrattenimento hanno utilizzato questo tipo di narrazione e possono trarne beneficio.

Pensiamo alla Lavazza. Nelle pubblicità che vediamo in televisione, ci racconta la storia del valore, del perché dovremmo acquistare il loro caffé. Se ci ricordiamo i vecchi spot, anche lì venivano raccontate delle vere e proprie storie autoconclusive, sempre con gli stessi personaggi, ma che giravano sempre intorno al caffé. Invece, nel Museo Lavazza a Torino, troviamo raccontata la storia del fondatore, che ci racconta come l’azienda si è allargata negli anni e come ha raggiunto il successo odierno. Un’altra storia ancora, è invece raccontata sui social, che si focalizza sull’esperienza che il brand genera nel cliente.

La chiave dietro quest’organizzazione sta nel creare un intreccio di contenuti che, seppur su piattaforme diverse, risultano complementari per il fruitore. Usando una metafora, c’è bisogno di un filo rosso che leghi il tutto e che questo filo non si spezzi mai, per garantire un’immersione al 100%. 

Perché funziona?

Tra le caratteristiche principali di questa strategia troviamo:

  • La spalmabilità e la recepibilità: la grande quantità di contenuti che vengono a far parte di questo tipo di narrazione permette l’espansione su più piattaforme, con una maggiore possibilità di raggiungere un pubblico mirato.
  • La creazione di un mondo credibile e coerente, minuzioso in ogni dettaglio, che il fruitore ha l’opportunità di vivere.
  • Coloro che entrano a far parte di questo mondo, contribuiscono anche alla sua espansione, grazie alla loro partecipazione attiva nella creazione di nuovi contenuti.
  • Un’espansione trasversale invece che verticale, con diversi punti di vista, diverse ambientazioni e diverse storie che però trovano sempre un punto di incontro.
  • La possibilità di entrarne a far parte in qualsiasi momento, attraverso contenuti fruibili anche a chi non è a conoscenza di tutto il contesto.

Il Transmedia Storytelling nasce dall’esigenza di creare un’esperienza nuova e coinvolgente in ogni suo punto, offrendo ai brand uno strumento innovativo per raccontare la propria identità e il proprio valore senza risultare monotoni e utilizzando tutti gli strumenti a disposizione. 

Bisogna, però, ricordare che per funzionare, la storia deve essere chiara e dettagliata in ogni suo punto, risultando autoconclusiva ma che possa comunque dare un contributo alla storia generale.

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